QUESTO È IL MOMENTO IN CUI SI DEVE INSISTERE
uando qualche mese fa il Papa avvertì che «peggio di questa pandemia c’è solo il rischio di sprecarla», pochi forse pensarono alla questione vaccini anti-Covid. Ma quelle parole assumono oggi un’ulteriore carica di lungimiranza, dato che anche sotto questo profilo l’occasione di rendere il mondo più solidale e umano non può essere mancata. La questione della proprietà intellettuale dei vaccini è forse la più importante delle cartine di tornasole. E questo è il momento di insistere perché si arrivi a una soluzione il più possibile larga e condivisa. Ora che anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha fatto propria la posizione più volte espressa nell’ultimo anno dal Pontefice. Ora che – come è avvenuto ieri – lo stesso Francesco è tornato a chiedere che ci si «mobiliti per assicurare l’accesso universale al vaccino e la sospensione temporanea del diritto di proprietà intellettuale». Ora che pure da questa parte dell’Oceano non mancano le voci di leader favorevoli alla proposta.
Insomma la voce profetica di papa Bergoglio ha progressivamente fatto breccia nelle coscienze e nelle prese di posizione di alcuni potenti del mondo. «I farmaci sono beni comuni». E specie in presenza di una situazione di eccezionale gravità come quella attuale, è bene considerare il vaccino come una risorsa a cui tutti abbiano accesso, senza discriminazioni, secondo il principio della destinazione universale dei beni. Come proprio il Papa ebbe a dire nel Messaggio Urbi et Orbi dello scorso Natale, «non possiamo lasciare che il virus dell’individualismo radicale vinca e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle (…) mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità». Certo, nonostante l’importamente endorsement della Casa Bianca, la partita è tutta da giocare, perché la posizione ufficiale dell’Ue, emersa anche ieri alla fine del vertice di Porto, va nella direzione di una soluzione diversa del problema. Come ha sintetizzato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, «l’Ue è la farmacia del mondo e aperta al mondo. L’export è il miglior modo per affrontare i colli di bottiglia e la mancanza di vaccini». Non tutti la pensano esattamente così nell’Unione. Il premier italiano Mario Draghi, ad esempio, ha ricordato che «le grandi case famaceutiche hanno ricevuto sovvenzioni governative imponenti e ci si aspetta qualcosa in cambio».
Ma ora la palla passa al Wto, che nei prossimi mesi sarà il vero epicentro del dibattito. La prossima riunione sarà l’8 giugno e secondo gli esperti non ci sarebbero i tempi tecnici per prendere decisioni, con consegunete rinvio a novembre.
I Paesi poveri, però, non possono attendere. Ne va della sorte (e della morte) di milioni di persone. Ragione più che sufficiente per tornare a insistere. Ora più che mai.
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